Inserito da Licio | Feb 8, 2019 | Workshop | 0 |
FOTOGRAFIA
Testo di Stefano Scipioni
Fotografare l’”invisibile”
La fotografia convenzionale registra immagini generate dal riflesso sul soggetto delle radiazioni visibili, così dette perché apprezzabili dall’occhio umano. Tali radiazioni, dal blu al rosso, occupano uno spettro che va, in termini di lunghezza d’onda, dai 400 ai 750 nm (nanometri = milionesimi di millimetro).
Sotto i 400 nm si hanno le radiazioni UV e al disopra dei 700 nm si ha il campo del IR (Infrarosso).
La pellicola fotografica è normalmente sensibile alle radiazioni di più corta lunghezza d’onda (quelle blu) ma, con opportune sensibilizzazioni, si può ottenere una buona risposta anche nel campo IR. Normalmente le pellicole IR in b&n sono sensibili sia al visibile che all’IR, cosiddetto vicino, e cioè fino a 900 nm. Per speciali applicazioni scientifiche si può arrivare però anche a 1200 nm: si tratta in questo caso di materiali del tutto speciali, con scadenze ridotte nel tempo, che devono essere conservati al freddo, pena la velatura.
La pellicola Kodak “High Speed Infrared” (vedi link a fine intervento) è del primo tipo.
Come detto, la pellicola è sensibile anche alla parte visibile dello spettro, ottenendo immagini che somigliano molto a quelle ottenibili con pellicole convenzionali, salvo una leggera modifica tonale dei grigi. Quindi se desideriamo registrare solamente le radiazioni infrarosse, è necessario fare uso di filtri adatti, tutti reperibili nella serie Kodak Wratten, sotto forma di fogli in gelatina (da non confondere con la gelatina utilizzata per la realizzazione delle pellicole), abbastanza delicati e da trattare quindi con cura.
Tali filtri tagliano progressivamente le radiazioni visibili, mano a mano che si procede con la sequenza: 25A – 70 – 89B – 88A – 87 – 87C.
In particolare, mentre il filtro 25A lascia passare anche parte del visibile (da circa 580 nmin poi), il 70 lascia passare solo un po’ di rosso (da 640 nm in poi), il 89B praticamente il solo IR (da 690 nm) e gli altri tagliano completamente il visibile spingendosi a tagliare anche un pò nel IR.
Per tale ragione, all’occhio umano, i filtri 88A, 87 ed 87C risultano neri.
Usando filtri per IR si accentua la componente non visibile, che si traduce, nei paesaggi ad es., in un cielo anche molto scuro, in una decisa eliminazione della foschia ed in una resa molto chiara del fogliame, dotato di elevato fattore riflettente per gli IR.
Un altro tipo di applicazioni è quello della fotografia al buio (buio solo ai nostri occhi).
Un potente lampeggiatore elettronico, che emette normalmente anche nel IR, provvisto di un filtro a taglio totale del visibile, emette radiazioni che impressionano la pellicola, senza essere percepite dall’occhio.
La pellicola High Speed Infrared, che può essere considerata una 200 ISO, senza filtri ed alla luce artificiale delle lampade (non è possibile effettuare misure esposimetriche convenzionali dato che i comuni esposimetri non lo consentono per ragioni di sensibilità spettrale), può essere considerata una 125 ISO con il filtro 25A 70 o 89B, 64 ISO con il filtri 87 o 88A e 25 ISO con il 87C.
Lo stesso rapporto di sensibilità può essere utilizzato in luce naturale, partendo però, senza filtri, da 80 ISO. È comunque consigliabile effettuare esposizioni multiple, a “forcella” o anche “Bracketing” (ovvero, scattando più fotogrammi dello stesso soggetto, sovresponendo e sottoesponendo di uno stop rispetto al valore indicato o presunto), in modo da essere ragionevolmente certi che il risultato sia conseguito.
Per la fotografia al buio si può utilizzare un lampeggiatore elettronico, sulla cui parabola va applicato un filtro IR 87 o 87C in modo che l’emissione luminosa non sia affatto percepibile all’occhio.
Si procede ricoprendo completamente la parte anteriore della parabola, senza lasciare fessure da cui possano uscire raggi visibili. Questa tecnica è particolarmente usata per le riprese della vita degli animali notturni.
In particolare in questo caso occorre fare un certo numero di prove, per verificare, in queste particolarissime condizioni, l’effettivo NG (numero guida) del lampeggiatore, che tenga conto dell’emissività IR del sistema e della trasparenza del filtro in quella regionale spettrale.
In linea di massima, se si fa uguale ad uno il coefficiente di posa dei filtri 25A, 70 ed 89B, si può considerare circa 2 il coefficiente di posa dei 88A e 87, mentre diventa 5 il coefficiente di posa del
87C, il filtro più denso, che taglia tutta la radiazione al disotto di 790 nm.
Messa a fuoco: le radiazioni IR vengono deviate meno di quelle visibili; le condizioni di messa a fuoco sono pertanto differenti, dato che le ottiche non sono in genere corrette in questo senso.
Operando senza filtri, mediamente è conveniente usare la messa a fuoco convenzionale.
Usando i filtri è meglio usare la messa a fuoco modificata:
mettere a fuoco con il sistema convenzionale, cioè senza filtro, e poi spostare il punto di messa a fuoco, risultante sul “barilotto” dell’obiettivo, su di una piccola tacca rossa, presente su tutte le ottiche di qualità.
Non disponendo di tale riferimento, si farà avanzare l’obiettivo di circa lo 0,25% della sua lunghezza focale.